Il tuo CV funziona solo se sai per chi lo stai scrivendo
Senza un target chiaro, anche il miglior curriculum resta invisibile.
Quando inizio a lavorare all’interno di un percorso, una delle prime cose che spesso emerge è un approccio troppo generico alla ricerca: “mi candido a tutto quello che trovo”, “più aziende raggiungo, meglio è”, “intanto mando il CV, poi si vedrà”.
Comprensibile, soprattutto se si è in una fase di incertezza o pressione ma raramente è efficace.
Il rischio è disperdere energie preziose in direzioni poco allineate, presentarsi in modo troppo generico, non riuscire a comunicare con forza e coerenza il proprio valore.
Prima di cercare, serve scegliere
Una ricerca del lavoro strategica – che sia via candidatura o autocandidatura – non parte da un annuncio. Parte da una domanda chiara:
Quali sono le aziende per cui posso essere davvero una risorsa preziosa?
Pensarci in questi termini è un cambio di prospettiva potente. Sposta il focus dal “chi mi assume” al “dove ha davvero senso che io vada a portare il mio valore”.
E questo vale soprattutto per chi ha maturato esperienze significative, ha gestito team, progetti, trasformazioni: non si tratta solo di “trovare lavoro”, ma di costruire un nuovo posizionamento.
Non esiste un CV efficace senza un target chiaro
Uno degli errori più comuni è cercare di costruire un CV “universale”, che possa andar bene per tutti.
Ma un CV troppo generico diventa debole. Perde forza. Non racconta chi sei, ma chiunque potresti sembrare.
Quando invece hai ben chiaro a quale tipo di azienda vuoi rivolgerti – per cultura, settore, dimensione, stile di leadership – tutto cambia:
Scegli esempi professionali più centrati e rilevanti
Dai evidenza a risultati in linea con le sfide del contesto target
Usi un linguaggio coerente con quello che l’azienda si aspetta di leggere
Stai costruendo un messaggio professionale che parla a quella realtà. E questo fa tutta la differenza.
Come costruire il tuo perimetro strategico
Puoi partire da alcune variabili fondamentali:
Settori in cui hai già operato, ma anche quelli dove sai di poter trasferire con successo il tuo know-how
Dimensione dell’azienda: ti trovi meglio in contesti strutturati o dinamici? Più orientati alla governance o all’azione veloce?
Momento aziendale: è una realtà in crescita? In fase di trasformazione? In cerca di consolidamento?
Tipo di leadership diffusa: meritocratica, verticale, orizzontale? E che spazio c’è per la tua visione e iniziativa?
Più riesci a rispondere a queste domande, più puoi evitare dispersioni e orientarti con chiarezza.
E per l’autocandidatura?
Quando ti candidi spontaneamente, questo lavoro di messa a fuoco è ancora più importante.
Perché non rispondi a un bisogno esplicito, ma anticipi un possibile bisogno latente. E per farlo in modo efficace, devi conoscere bene quella realtà: i suoi trend, i suoi obiettivi, le sue sfide.
Una buona autocandidatura non è mai “generica”. È una lettera sartoriale, costruita su misura, in cui mostri non solo chi sei, ma anche perché proprio lì.
Non stai chiedendo un’opportunità qualsiasi. Stai mostrando che hai scelto quella realtà per motivi chiari. E che sai cosa puoi portare in termini di valore, impatto, visione.
In chiusura:
Non puoi essere la risposta per tutti, e non devi provarci.
Definisci il tuo perimetro: dove ha senso candidarti? Dove puoi generare vero impatto?
Costruisci ogni messaggio su misura, partendo dalla conoscenza profonda dell’azienda.
Posizionati dove c’è risonanza, non solo dove c’è disponibilità.
Il mercato del lavoro nascosto si attiva esattamente così: quando inizi a parlare con precisione, le aziende iniziano ad ascoltarti con attenzione.
Ci leggiamo lunedì prossimo,
Roberta
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